Anomalie e differenze neurobiologiche negli Hoarders [Disturbo da accumulo .3]

Tra le aree di ricerca che hanno contribuito in particolar modo a definire un livello di comprensione maggiore relativamente all’Hoarding Disorder (o Disposofobia, Sillogomania, Accaparramento Compulsivo, Accumulo Patologico, Mentalità Messie, Sindrome di Collyer) come categoria nosografica a sé, hanno sicuramente un ruolo di primo piano le nuove modalità di indagine “in vivo” delle neuroscienze (PET, SPECT, fMRI, ecc.) unitamente ai più tradizionali approcci neuropsicologici e basati su lesioni. Questo corpus di studi ha dimostrato che sostanzialmente il cervello degli hoarders funziona in modo differente, coerentemente a quelli che sono i disturbi manifestati.

In particolare ho trovato interessante questo articolo di Tolin et.al. della Yale University apparso nel numero di agosto di Archives of General Psychiatry (“Neural Mechanisms of Decision Making in Hoarding Disorder) in quanto considera un campione che include pazienti Hoarders “puri” cioè senza diagnosi OCD ed un disegno sperimentale concepito per distinguere il comportamento di eliminazione di beni propri e beni altrui (una discriminate importante nell’hoarding).

Risultati Tolin et. al. 2012
Risultati Tolin et. al. 2012

Per esaminare in modo più approfondito i meccanismi neurali dei processi decisionali e dei correlati emotivi nel disturbo di accumulo, Tolin e colleghi hanno selezionato 43 pazienti con manifestazioni di Hoarding, 31 con disturbo ossessivo compulsivo, e 33 soggetti di controllo sani. Ai partecipanti è stato chiesto di portare da casa un assortimento di materiale cartaceo senza valore (giornali, posta pubblicitaria, volantini, ecc.) a ciascun soggetto è stato poi fornito del materiale simile per quantità e qualità a completamento del materiale sperimentale. Tutto il materiale è stato poi etichettato a seconda della provenienza con “tuo” o “nostro”. La risonanza magnetica funzionale è stata eseguita mentre ai soggetti veniva chiesto di decidere in merito all’eliminabilità’ del materiale sperimentale. I pazienti erano poi invitati ad assegnare un punteggio alle loro emozioni durante il processo decisionale.

Risultati. I pazienti con disturbo di accumulo hanno scartato un numero significativamente minore (P <0,01) di oggetti etichettati come propri (29) rispetto ai pazienti OCD (37) e ai soggetti di controllo (40). Non ci sono state invece differenze tra i tre gruppi in merito alla decisone di scartare un elemento non proprio. In merito alle emozioni i pazienti hoarder hanno registrato più ansia, tristezza e incertezza, oltre ad una percezione che ci fosse “qualcosa di sbagliato” (P <0.05) rispetto agli altri due gruppi con una correlazione significativa rispetto al numero di oggetti personali eliminati.

La relazione tra le emozioni riportate e i risultati della fMRI, hanno evidenziato negli hoarder i seguenti collegamenti

  • Ansia – aumento dell’attività emodinamica nel giro frontale
  • Tristezza – aumento di attività nel giro frontale e temporale, e nello striato ventrale
  • Incertezza – attività nel giro frontale, nell’insula e nell’uncus
  • Senso che ci fosse “qualcosa di sbagliato” (una NJRE) – aumento dell’attività in differenti aree tra cui il giro frontale, corteccia cingolata anteriore, insula ed ippocampo

Soprattutto le anomalie circa i risultati relativi ai pattern di attivazione di corteccia cingolata anteriore e insula sono coerenti con i modelli emergenti circa il disturbo di accumulo che sottolineano i problemi a carico dei processi decisionali che impediscono ai pazienti di gettare via alcunché. Queste aree sono infatti associate a percezioni di incertezza, sentimenti spiacevoli, valutazione del rischio e processo decisionale emotivo. Un altro risultato interessante riguarda il pattern di ipoattività presente in alcune aree nel momento in cui agli hoarders veniva chiesto di scegliere non tra i propri oggetti ma tra quelli forniti dagli sperimentatori (pattern osservato anche nei pazienti con autismo in altre ricerche).

Lo studio ha anche alcune limitazioni dichiarate dagli stessi ricercatori.

  1. la possibilità di presenza di tratti OCD subclinici nei pazienti hoarders, e viceversa
  2. la composizione del campione costituito prevalentemente da donne bianche (la generalizzazione dei risultati potrebbe essere messa in discussione essendo l’hoarding più diffuso tra gli uomini)
  3. il disegno sperimentale non ha considerato il fattore tempo nel processo decisionale (brevità richiesta) che può aver influito sulle difficoltà nel processo decisionale degli hoarders

Riassumendo i risultati più significativi, i pazienti con disturbo di accaparramento presentano anomalie cerebrali peculiari facendo rilevare un’attività emodinamica alla fMRI nella corteccia cingolata anteriore (p = 0,01) e nella corteccia insulare destra e sinistra (p <0.05) significativamente maggiore rispetto a soggetti di controllo sani e pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo (OCD). Al contrario l’attività nella corteccia cingolata anteriore e dell’insula è ipoattiva quando l’oggetto in questione appartiene a qualcun altro.

Questi risultati si vanno ad unire a quelli di alcuni altri studi che sostanzialmente evidenziano come l’hoarding sia caratterizzato da pattern di funzionamento particolari nella corteccia orbitofrontale, nella corteccia prefrontale ventromediale, e nella la corteccia cingolata anteriore. Queste anomalie sono probabilmente alla base dei problemi di funzionamento neuropsicologico osservabili in questi pazienti (attenzione, memoria e funzioni esecutive) che si traducono nei comportamenti alla base dell’hoarding e nelle difficoltà  ad iniziare routine decisionali, scelte, categorizzazioni. Tale difficoltà produce senso di overwhelming, ansia e significativo disagio determinando evitamento e procrastinazione in un circolo vizioso che porta ad allontanarsi sempre di più dalla possibilità di risolvere autonomamente la situazione.

Alessandro Marcengo [amarcengo@psicoterapie.pro]

 

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