DSM-V: verso una più compiuta definizione del Disturbo Narcisistico di Personalità

I nove criteri diagnostici del  Disturbo Narcisistico di Personalità [F60.8] presenti nel DSM-IV hanno sempre lasciato in molti clinici un senso di incompiutezza. Il quadro risultante appare sempre quantomeno riduttivo della complessità dell’ampio spettro di stati mentali presenti in questo tipo di pazienti. Le caratteristiche di grandiosità, la necessità di ammirazione e lo sfruttamento degli altri hanno sempre reso la descrizione di questi pazienti quantomeno “antipatica” in qualche modo tralasciando interamente l’altra faccia della medaglia ovvero l’area più disturbata del NPD. Nell’esperienza clinica sono spesso presenti quadri di comorbilità, di Asse II ma anche e soprattutto di Asse I; disturbi depressivi (anche con rischio suicidario elevato), abuso di sostanze e disturbi alimentari sono frequenti. La vita relazionale è in genere compromessa, così come quella lavorativa connotata da continue insofferenze e delusioni. Aspetti intra-psichici e inter-personali creano una miscela venefica che porta spesso il narcisista a stati di sofferenza gravissima.

Prendendo spunto da questo articolo di Giancarlo Dimaggio (un esperto del trattamento di NPD attraverso il modello di Terapia Metacognitiva Interpersonale sviluppata con Semerari) apparso su Psychiatric Times lo scorso Luglio (Narcissistic Personality Disorder: Rethinking What We Know) vediamo come questa critica sia in parte stata colta nella revisione del DSM che uscirà nel 2013.

Il DSM-V sembra meglio descrivere la complessità del quadro narcisistico, al di là dei suoi aspetti più eclatanti, sia in termini di funzionamento di sé e di funzionamento interpersonale (Personality Functioning) sia in termini di tratti di personalità (Personality Traits). La descrizione presente nella bozza del DSM-V, seppur in modo ancora incompleto, cattura meglio l’esperienza esistenziale del narcisista ed i suoi processi mentali caratteristici, avvicinandola maggiormente all’esperienza clinica ed alla ricerca recente sul NPD, soprattutto cogliendo l’aspetto di concetto disturbato della rappresentazione di sé e dell’altro. Come già accennato, seppur molto evidenti dall’esterno, gli stati “grandiosi” con le connesse fantasie di successo e di potere non sono il tema dominante del paziente narcisistico, lo sono piuttosto le fluttuazioni tra stati mentali caratterizzati da inflazione e deflazione dell’autovalutazione del sè con ripercussioni dirette sull’autostima. La vera tematica narcisista sta quindi “dietro” la roboante arroganza manifesta ed è sostanzialmente caratterizzata da un’estrema sensibilità al giudizio altrui. L’immagine di sé indegno è talmente inaccettabile da aprire la strada all’unica via di uscita percorribile: il disprezzo e l’attacco delle persone vicine alle quali rinfacciare la propria inettitudine. Questo intreccio tra dinamica intra-pschica ed inter-personale non porta ovviamente sia sul piano relazionale che lavorativo alla creazione di legami solidi e quando le rotture infine diventano nette ecco l’emergere di sintomi depressivi, talvolta gravissimi.

Il sistema di rango è quello che governa le relazioni interpersonali ed il modello di sé con l’altro ed è fortemente permeato di temi agonistici che impediscono un efficace uso del sistema di attaccamento anche solo in termini d riconoscimento dei propri bisogni. La soluzione praticabile è la negazione di tali bisogni e l’auto-accudimento compulsivo.

Un altro aspetto peculiare ed in parte contro-intuitivo sottolineato già da Kohut è la mancanza nel NPD di un reale drive interno di organizzazione dei propri scopi esistenziali. In attività che passano da una fase di “battaglia” ad una di “mantenimento”, i narcisisti tendono a perdere interesse nello scopo stesso che aveva guidato inizialmente l’azione. Nel momento in cui viene meno la possibile “gloria della vittoria”, viene meno anche il drive che li manteneva in uno stato mentale “grandioso” lasciando il campo alla noia ed al vuoto. L’interesse non è in un certo senso per il “fine” dell’azione quanto nella “modalità” atta a mantenere lo stato grandioso. Le osservazioni del DSM-V quali “excessive reference to others for self-definition” o “goal-setting is based on gaining approval from others” colgono esattamente questo tipo di aspetto che tra l’altro deve essere primario oggetto di intervento terapeutico.

Entrando nel merito dei deficit metacognitivi del paziente narcisistico, l’aspetto maggiormente compromesso è senz’altro quello empatico con una considerevole differenza tra empatia cognitiva ed empatia emotiva a sfavore di quest’ultima. In sostanza il narcisista comprende come può “stare” un’altra persona ma non è in grado di reagire appropriatamente, non lo “sente” (questa differenza da anche conto della percezione di empatia che il narcisista ritiene di avere, pur di fatto non avendola). Il deficit metacognitivo è presente anche in prima persona, soprattutto in termini di alessitimia, il NPD spesso non è in grado di riconoscere ed interpretare i propri stati emotivi. Anche in questo caso Il DSM-V coglie questi aspetti di deficit notando come il NPD sia “often unaware of own motivations”.

Nel tipico ciclo narcisistico prodotto dai deficit sopra descritti possiamo vedere come la poca consapevolezza di sé e dei propri desideri e bisogni porta il narcisista a dipendere dall’esterno e dagli altri per mantenere un’immagine di grandiosità, ma quando gli altri mostrano segni di allontanamento esordisce una sensazione di malessere e di intralcio che gli altri sembrano produrre ai suoi obiettivi e l’empatia residua crolla.

La bozza del DSM-V cattura quindi finalmente in modo più convincente il quadro narcisistico tralasciando però altri stati mentali ugualmente significativi attraverso i quali spesso si dispiega la dinamica di questi pazienti: gli stati di vuoto, di anestesia emotiva, di devitalizzazione (Kohut, Modell) o ancora sentimenti di colpa, vergogna, invidia invece inclusi nel modello TMI (Semerari, Dimaggio).

In chiusura di articolo ed in merito al trattamento dei pazienti NPD Dimaggio ci regala una tabella (fig. 1) sostanzialmente trasversale a qualsiasi orientamento che riunisce una serie di indicazioni terapeutiche valide in ogni caso ed in special modo pone l’accento sulle difficoltà che questi pazienti presentano in termini di regolazione dei cicli interpersonali disfunzionali.

Le conclusioni sollevano il problema della necessità di una maggior ricerca sul sottotipo “covert/ipercontrollante” (il più diffuso nell’esperienza clinica) arrivando ad ipotizzare in futuro un’eventuale matrice differente rispetto al NPD overt.

Fig.1

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