La reciprocità come organizzatore delle nostre esistenze interpersonali

Ogni tanto guardo cosa scrive Tony Fenelli, perché mi è simpatico e perché trovo questa sua idea della coppia che si forma in modo “inevitabile” sempre molto intrigante. Mi ricordo quando facevamo i training di Sessuologia (il suo modello di intervento sessuologico è assolutamente ed esclusivamente di coppia), il metodo di scelta per i Role Playing era sempre lo stesso: Tony sceglieva te e tu sceglievi la tua partner. L’unica che avresti potuto scegliere, l’unica “compatibile” con il tuo sistema di significati.

Questo articolo di Fenelli et.al. apparso sulla Rivista di Psichiatria (2011, 46, 5-6) dal titolo “Il ruolo della reciprocità nella costruzione dei legami e come chiave di lettura dei processi relazionali”propone proprio questo tema della reciprocità come forte organizzatore delle nostre esistenze interpersonali.

Il significato originario della parola reciprocità (da latino rectus procus sum) rimanda a “ciò che va e che torna vicendevolmente” cioè che è vicendevole, si manifesta in modo analogo tra due soggetti, riguarda a pari titolo due soggetti. Sul dizionario della lingua italiana alla voce reciprocità si trova: “tutto ciò che avviene fra due persone, due cose, due gruppi, in modo che ad un’azione o ad una cosa ricevuta da uno dei due termini corrisponda un’azione o cosa equivalente per l’altro termine”; ma è in particolare nella letteratura psicologica dell’età evolutiva che ha una sua forte presenza in merito ai processi di sincronizzazione Madre-Bambino (un sistema che fa la sua comparsa come tale già dal quarto-sesto giorno di vita del neonato o meglio della coppia neonato-caregiver). Tale sistema è di fatto un flusso di scambi reciproci che si autoregolano (e che a livello micro, Stern definisce “sintonizzazioni”), cruciali per lo sviluppo fisiologico del neonato. Di qui emerge la reciprocità come comportamento che “va’ e che viene”, espressione di connessione tra i due soggetti e quindi di interdipendenza.

In età adulta tali “sintonizzazioni” reciproche avvengono al di fuori di ogni consapevolezza e sono differenti dall’empatia con cui hanno in comune solo il primo stadio, quello della risonanza emotiva. Si tratta di una percezione affettiva del comportamento “dell’altro” in accordo ai codici interni sviluppati nei primi anni di vita sostanzialmente a  partire dai sistemi motivazionali (che ricordiamo  nella concezione originale di Lichtenberg sono cinque sistemi o entità psicologiche con correlati neurofisiologici). I sistemi motivazionali  sono volti a promuovere la realizzazione e la regolazione dei bisogni di base attraverso il dispiegarsi degli stessi nel rapporto con la figura di attaccamento, il bambino costruisce dei personali modelli operativi interni (MOI) relativi a ciascuna area motivazionale (attaccamento, accudimento, sessualità, rango, cooperazione). Questi diventano i codici interni con cui stabilire reciprocità possibili.

La “possibilità” dello stabilirsi di reciprocità fa quindi un percorso che partendo dai gesti e dagli atteggiamenti corporei altrui procede all’attivazione di schemi emozionali senso-motori e modelli operativi interni per arrivare ai propri significati personali. Di conseguenza in una situazione di reciprocità ciascuno dei due soggetti fa una costruzione, da un significato ai comportamenti altrui che deve essere quantomeno “compatibile” con i propri significati personali. Solo in una reciprocità possibile (perché compatibile) può nascere un “rapporto”, altrimenti no.

In chiusura di articolo Fenelli cita Gilbert “Tutte le forme di conflitto interpersonale hanno a che fare con una mancata corrispondenza e sintonia di ruoli: una persona cerca un tipo di interazione che l’altra non vuole”. Il lavoro psicoterapeutico è per la gran parte inerente l’esplorazione dei modi in cui le persone nel loro mondo interpersonale riescono a muoversi tra conflitti di interessi e mancata sintonia di scopi. Questo può essere fatto solo in una reciprocità possibile tra paziente e terapeuta e nella costruzione di significati “compatibili” superando la soggettività legata all’Io e altu, attraverso il dispiegarsi di un noi in relazione.

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