Un caso di Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità. Trattamento con la MIT

L’intervento volto a lavorare sulle capacità metacognitive in prima e terza persona (la capacità cioè mentalizzare i propri e altrui stati mentali) nel trattamento, soprattutto di pazienti con Disturbo di Personalità, è uno dei capisaldi del modello terapeutico di Antonio Semerari e del suo gruppo (del quale Di Maggio ha fatto parte). Tale approccio noto appunto come Metacognitive Interpersonal Therapy (MIT) muove dal cognitivismo di matrice costruttivista e dagli studi di Fonagy sulla metacognizione. Utilizzandolo personalmente nella pratica clinica del paziente grave ed essendo io tra l’altro stato allievo di Semerari, questo recente articolo di Giancarlo di Maggio et. al.  (“Progressively promoting metacognition in a case of obsessive-compulsive personality disorder treated with metacognitive interpersonal therapy”) sul trattamento di un disturbo Ossessivo di Personalità ha catturato subito il mio interesse. Trattandosi di un articolo non è un complemento al diffuso manuale “Disturbi di Personalità. Modelli e Trattamento” nel quale mancava appunto una parte sul Disturbo Ossessivo di Personalità ma piuttosto un interessante caso clinico descritto nel suo decorso attraverso l’uso della MIT.
Come tale l’articolo propone una rassegna iniziale sull’importanza degli aspetti di metacognizione e di come il modello MIT, attraverso la costruzione di un assetto cooperativo nella relazione terapeutica, crei una sorta di “palestra della metacognizione”. Lo sviluppo di capacità metacognitive deficitarie è prerequisito necessario per l’avanzare della terapia verso una fase di vero e proprio cambiamento che altrimenti non può avvenire. Questa parte è molto utile a chi non conosca il modello per avere se non altro un idea dei fondamenti dal quale muove.
Nel merito viene descritto il caso di Elisa una studentessa di 29 anni che arriva in terapia con leggeri sintomi depressivi e vaghe sensazioni di noia ed inutilità esistenziale. Oltre alle informazioni anamnestiche viene ben descritto il processo di test utilizzato per la diagnosi e la verifica dei risultati terapeutici. Sostanzialmente vengono usati tre test per l’assessment iniziale e delle ri-somministrazioni a distanza di un anno. I test usati sono:
  • SCID II per la valutazione di Disturbo di Asse II che conferma in fase di assessment la diagnosi di Disturbo Ossessivo di Personalità con significativi tratti narcisistici e depressivi sottosoglia.
  • SCL-90-R GSI per la valutazione sintomatologica
  • TAS-20 per la misurazione dell’Alessitimia
I dati ben rendono conto delle fluttuazioni durante la terapia sia in relazione a fatti di vita che alla progressiva acquisizione di abilità metacognitive, con un importante drop del valore SCID a partire dal secondo anno.
La terapia è ben descritta riportando anche alcuni snodi particolarmente significativi del dialogo terapeutico, che attraverso la costruzione di una buona alleanza terapeutica (della quale sono evidenziati anche i momenti di crisi) e l’analisi di episodi autobiografici rende conto del percorso volto soprattutto a lavorare sull’alessitimia e sulle relazioni evento-pensiero-emozione-azione. In questo caso la terapia grazie alle abilità acquisite, ma più probabilmente riscoperte, rende possibile anche la fase di attivazione del cambiamento con importanti riassetti relazionali e lavorativi.
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Il protocollo terapeutico qui accennato rientra nell’ambito di un programma di ricerca indirizzato a manualizzare il trattamento di PD soprattutto per pazienti con difficoltà su una o più abilità metacognitive e un basso repertorio di schemi interpersonali. Ad oggi il riferimento per approfondimenti sull MIT rimane senz’altro: “Disturbi di Personalità. Modelli e Trattamento”

Fonte:
Dimaggio G, Carcione A, Salvatore G, Nicolò G, Sisto A, Semerari A. “Progressively promoting metacognition in a case of obsessive-compulsive personality disorder treated with metacognitive interpersonal therapy” Psychology and psychotherapy 2010 Nov 3.
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